Tacito, i suoi manoscritti e il Liceo Classico di Jesi
Il Codex Aesinas Latinus 8 è il più antico e importante manoscritto giunto fino a noi dell’Agricola e della Germania di Tacito. Il suo nome Aesinas deriva dal fatto che fu scoperto a Jesi (Aesis in latino) nel 1902 da Cesare Annibaldi, professore di latino e greco al Liceo Classico Vittorio Emanuele II , nella biblioteca del conte Aurelio Guglielmi Balleani. Esso contiene il testo di queste due opere minori ma importantissime dello storico romano Tacito.
Il manoscritto ha un interesse storico e filologico notevolissimo ed ebbe vita estremamente avventurosa: discendente da un codice miscellaneo di Hersfeld portato in Italia nel 1455 da Enoch dAscoli – che andò smembrato e poi perduto – conserva gli unici otto fogli originali del suddetto codice oggi restanti: un quaternio in scrittura carolina del secolo IX che riporta lAgricola di Tacito (dal cap. 13,1 al cap. 40,2) e la Germania dello stesso autore in scrittura umanistica.
Durante la Seconda guerra mondiale il Codex Aesinas rischiò di finire in Germania, a causa dell’interesse manifestato per esso da Adolf Hitler, che lo chiese a Mussolini: nell’opera, infatti, gli ideologi del nazismo lessero una giustificazione delle proprie teorie sulla purezza della razza: in particolare, al capitolo IV, il manoscritto presenta la variante quamquam, al posto del limitativo tamquam, che era sentita come più consona alle idee naziste: Io sono d’accordo con quelli che ritengono che i popoli della Germania, non macchiati da nozze con individui di altre nazioni, sono risultati una stirpe a sé stante, pura e simile solo a se stessa. Di qui il medesimo aspetto fisico degli abitanti, sebbene (quamquam) in un così grande numero di individui. L’altra lezione tamquam, meno gradita ai nazisti, introduceva un elemento limitativo: … di qui il medesimo aspetto fisico, nei limiti in cui lo si può dire (tamquam) di un così grande numero di individui.
Su consiglio di Alfred Rosenberg ed Heinrich Himmler, Hitler chiese dunque il codice a Benito Mussolini, che glielo promise. Ma Mussolini, tornato in Italia, dovette scontrarsi con le fortissime resistenze degli studiosi italiani, e fu costretto a rimangiarsi la parola col dittatore tedesco.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre del 43, lo scenario politico internazionale cambiò radicalmente, e un commando delle SS appartenenti all’esercito tedesco – ora esercito di occupazione in Italia – fu mandato a fare irruzione nel palazzo della famiglia Balleani a Fontedamo per prendere ad ogni costo il prezioso codice: le SS devastarono la casa ma non trovarono nulla. Passarono poi nelle altre due proprietà della famiglia Balleani, una situata ad Osimo (dove la famiglia era accuratamente nascosta in una cantina e riuscì a scampare alla perquisizione) e laltra nella piazza Federico II di Jesi, Palazzo Balleani: il codice era proprio lì, nascosto in una cassa di legno dentro un ripostiglio delle cucine, ma non fu trovato e per questo rimase a Jesi, sfuggendo alle mire dei nazisti.
Negli anni Sessanta il codice fu prestato alla Biblioteca Nazionale di Firenze, e lì fu danneggiato dall’alluvione del 1966.
Riportato a Jesi, intrecciò di nuovo i suoi destini con il nostro Liceo Classico Vittorio Emanuele II: su concessione del conte Aurelio Baldeschi Balleani e grazie a un’iniziativa della compianta prof.ssa Giacomina Bini Beccaceci, di don Attilio Pastori e del prof. Rivio Lippi, il preziosissimo manoscritto fu infatti estratto dal caveau della Banca popolare di Ancona in cui era custodito e portato in visione un giorno – nel marzo 1988 – agli studenti del Liceo, che poterono ammirarlo e sfogliarlo rispettosamente (cosa che oggi sarebbe del tutto impensabile). In quell’occasione venne anche fotografato dal prof. Rivio Lippi, che ne trasse così delle rarissime foto originali, oggi messe a nostra disposizione.
Nel 1994, infine, il Codex Aesinas fu ceduto alla Biblioteca Nazionale di Roma, dove è attualmente conservato con la sigla di Cod. Vitt. Em. 1631. Di esso è custodita anche una copia in microfilm presso la Biblioteca Planettiana di Jesi.In questa pagina del nostro sito, per gentile concessione del Prof. Rivio Lippi, presentiamo oggi le foto originali del manoscritto scattate nel nostro Liceo nel 1988. Pubblichiamo anche alcuni documenti utili a ricostruire la storia del codice e la vicenda della sua esposizione al Liceo classico (che possono anche essere ricavati dalle versioni on line del nostro giornale distituto LIppogrifo – nella sezione apposita -, scaricando i numeri del 2009 e del 2011: uno di questi documenti è un articolo dei proff. Bini e Lippi originariamente pubblicato sulla rivista Esagono della BpA nel 1989).
Presentiamo inoltre anche alcune immagini di un altro codice del XII sec. che era in possesso della famiglia Balleani – contenente il Laelius de amicitia di Cicerone in scrittura beneventana – e che fu portato insieme allAesinas nella stessa circostanza del 1988.
Il manoscritto ha un interesse storico e filologico notevolissimo ed ebbe vita estremamente avventurosa: discendente da un codice miscellaneo di Hersfeld portato in Italia nel 1455 da Enoch dAscoli – che andò smembrato e poi perduto – conserva gli unici otto fogli originali del suddetto codice oggi restanti: un quaternio in scrittura carolina del secolo IX che riporta lAgricola di Tacito (dal cap. 13,1 al cap. 40,2) e la Germania dello stesso autore in scrittura umanistica.
Durante la Seconda guerra mondiale il Codex Aesinas rischiò di finire in Germania, a causa dell’interesse manifestato per esso da Adolf Hitler, che lo chiese a Mussolini: nell’opera, infatti, gli ideologi del nazismo lessero una giustificazione delle proprie teorie sulla purezza della razza: in particolare, al capitolo IV, il manoscritto presenta la variante quamquam, al posto del limitativo tamquam, che era sentita come più consona alle idee naziste: Io sono d’accordo con quelli che ritengono che i popoli della Germania, non macchiati da nozze con individui di altre nazioni, sono risultati una stirpe a sé stante, pura e simile solo a se stessa. Di qui il medesimo aspetto fisico degli abitanti, sebbene (quamquam) in un così grande numero di individui. L’altra lezione tamquam, meno gradita ai nazisti, introduceva un elemento limitativo: … di qui il medesimo aspetto fisico, nei limiti in cui lo si può dire (tamquam) di un così grande numero di individui.
Su consiglio di Alfred Rosenberg ed Heinrich Himmler, Hitler chiese dunque il codice a Benito Mussolini, che glielo promise. Ma Mussolini, tornato in Italia, dovette scontrarsi con le fortissime resistenze degli studiosi italiani, e fu costretto a rimangiarsi la parola col dittatore tedesco.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre del 43, lo scenario politico internazionale cambiò radicalmente, e un commando delle SS appartenenti all’esercito tedesco – ora esercito di occupazione in Italia – fu mandato a fare irruzione nel palazzo della famiglia Balleani a Fontedamo per prendere ad ogni costo il prezioso codice: le SS devastarono la casa ma non trovarono nulla. Passarono poi nelle altre due proprietà della famiglia Balleani, una situata ad Osimo (dove la famiglia era accuratamente nascosta in una cantina e riuscì a scampare alla perquisizione) e laltra nella piazza Federico II di Jesi, Palazzo Balleani: il codice era proprio lì, nascosto in una cassa di legno dentro un ripostiglio delle cucine, ma non fu trovato e per questo rimase a Jesi, sfuggendo alle mire dei nazisti.
Negli anni Sessanta il codice fu prestato alla Biblioteca Nazionale di Firenze, e lì fu danneggiato dall’alluvione del 1966.
Riportato a Jesi, intrecciò di nuovo i suoi destini con il nostro Liceo Classico Vittorio Emanuele II: su concessione del conte Aurelio Baldeschi Balleani e grazie a un’iniziativa della compianta prof.ssa Giacomina Bini Beccaceci, di don Attilio Pastori e del prof. Rivio Lippi, il preziosissimo manoscritto fu infatti estratto dal caveau della Banca popolare di Ancona in cui era custodito e portato in visione un giorno – nel marzo 1988 – agli studenti del Liceo, che poterono ammirarlo e sfogliarlo rispettosamente (cosa che oggi sarebbe del tutto impensabile). In quell’occasione venne anche fotografato dal prof. Rivio Lippi, che ne trasse così delle rarissime foto originali, oggi messe a nostra disposizione.
Nel 1994, infine, il Codex Aesinas fu ceduto alla Biblioteca Nazionale di Roma, dove è attualmente conservato con la sigla di Cod. Vitt. Em. 1631. Di esso è custodita anche una copia in microfilm presso la Biblioteca Planettiana di Jesi.In questa pagina del nostro sito, per gentile concessione del Prof. Rivio Lippi, presentiamo oggi le foto originali del manoscritto scattate nel nostro Liceo nel 1988. Pubblichiamo anche alcuni documenti utili a ricostruire la storia del codice e la vicenda della sua esposizione al Liceo classico (che possono anche essere ricavati dalle versioni on line del nostro giornale distituto LIppogrifo – nella sezione apposita -, scaricando i numeri del 2009 e del 2011: uno di questi documenti è un articolo dei proff. Bini e Lippi originariamente pubblicato sulla rivista Esagono della BpA nel 1989).
Presentiamo inoltre anche alcune immagini di un altro codice del XII sec. che era in possesso della famiglia Balleani – contenente il Laelius de amicitia di Cicerone in scrittura beneventana – e che fu portato insieme allAesinas nella stessa circostanza del 1988.
Patricia Zampini
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